Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 182 quater - disposizioni in tema di prededucibilita' dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti 1disposizioni in tema di prededucibilita' dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti1
I crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati [da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 ,] in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis) sono prededucibili ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1112. Sono parificati ai crediti di cui al primo comma i crediti derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 o dall'accordo di ristrutturazione e purche' la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato3. In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il primo e il secondo comma del presente articolo si applicano anche ai finanziamenti effettuati dai soci fino alla concorrenza dell'80 per cento del loro ammontare. Si applicano i commi primo e secondo quando il finanziatore ha acquisito la qualita' di socio in esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo4. [Sono altresi' prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predispone la relazione di cui agli articoli 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, purche' cio' sia espressamente disposto nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.]5 Con riferimento ai crediti indicati al secondo comma, i creditori, anche se soci, sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze per l'approvazione del concordato ai sensi dell'articolo 177 e dal computo della percentuale dei crediti prevista all'articolo 182-bis, primo e sesto comma6. [1] Articolo inserito dall'articolo 48, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78. [2] Comma modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera e-bis), numero 1), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [3] Comma sostituito dall'articolo 33, comma 1, lettera e-bis), numero 2), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [4] Comma sostituito dall'articolo 33, comma 1, lettera e-bis), numero 3), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [5] Comma abrogato dall'articolo 33, comma 1, lettera e-bis), numero 4), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [6] Comma modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera e-bis), numero 5), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. InquadramentoL'art. 182-quater l.fall. è stato introdotto dall'art. 48 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, e disciplina la prededuzione dei crediti per finanziamenti sorti in esecuzione o in funzione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. La disposizione in esame, introdotta nel 2010 e modificata nel 2012 (art. 33 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134), costituisce espressione del favor manifestato dal legislatore per le procedure di composizione della crisi alternative al fallimento, la cui esegesi è stata resa complicata da una formulazione non limpida e dal troppo rapido e scarsamente razionale susseguirsi degli interventi normativi. Difatti, l'introduzione dell'art. 182-quater si pone nel solco di una traiettoria normativa già inaugurata dalla precedente riforma della legge fallimentare nella misura in cui si propone di rafforzare la protezione, nel successivo fallimento, dei soggetti che a vario titolo cooperano con il debitore nella soluzione concordata della crisi. Mediante la nuova disciplina della prededuzione, il legislatore si è dunque fatto carico di recepire istanze già provenienti dal mercato, nella consapevolezza della centralità strategica rivestita dall'immissione di nuove risorse finanziarie nel processo di risanamento dell'impresa e, più in generale, della necessità di accordare protezione ai prestatori di servizi strettamente strumentali alla procedura di composizione della crisi. Ne è scaturita una disciplina che assolve ad una ratio, per così dire, bifronte: per un verso, essa mira a tutelare, attraverso la stabilizzazione del credito nel successivo fallimento, i soggetti che intervengono nel processo di turnaround dell'impresa, per offrire a quest'ultima un supporto necessario ed imprescindibile a tal fine; per altro verso, mediante il rafforzamento di tale tutela e l'incentivo che esso rappresenta, la legge ha inteso perseguire il fine della conservazione dei valori aziendali, positivizzando un ulteriore indice di quel favor per il recupero delle capacità produttive dell'impresa, che era radicalmente estranea alla logica squisitamente liquidatoria alla base dell'originaria architettura della legge fallimentare (Maffei Alberti, 1272). La disciplina dei finanziamenti nel concordato preventivo contiene, quale «filo conduttore», la prevsione della prededucibilità dei relativi crediti, ai sensi dell'art. 111 l.fall. Tale prededuzione, in pratica, rappresenta il beneficio che la legge riconosce ai soggetti che decidono di finanziare l'impresa in crisi, al fine proprio di incentivare l'immissione di nuove risorse nella gestione aziendale, nella prospettiva del superamento della crisi. Il concetto di prededuzione è una nozione propria della procedura fallimentare, e sta a significare che tali crediti devono essere pagati prima degli altri, salvo quanto ricavato dalla vendita dei beni sui quali insiste un diritto reale di garanzia (art. 111-bis l.fall.) Nessun problema, pertanto, sussiste nell'ipotesi in cui il concordato preventivo non venga omologato, e si proceda, invece, alla dichiarazione di fallimento: in tal caso, i crediti per finanziamenti previsti dagli artt. 182-quater, commi 1, 2 e 3 e 182-quinquies, commi 1, 2 e 3 saranno ammessi nello stato passivo fallimentare con prededuzione. La questione che si pone, invece, in questi casi, attiene alla configurabilità di una prededuzione, per così dire, «interna» al concordato preventivo (e agli accordi di ristrutturazione), e quindi alla possibilità di soddisfacimento «antergato» di tali crediti rispetto ai crediti concorsuali nel corso dell'esecuzione del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione. In realtà, con riferimento ai finanziamenti, la previsione di un pagamento alle scadenze contrattualmente previste non è l'effetto di una particolare prededuzione del credito, ma rappresenta il normale effetto contrattuale derivante dalla natura non concorsuale del credito, trattandosi di credito sorto successivamente alla presentazione del ricorso. Ciò non toglie, tuttavia, che anche nel concordato preventivo potrebbe prospettarsi una prededuzione, nel senso dell'attitudine dei crediti ad essere soddisfatti prima e fuori dei riparti stabiliti dal commissario giudiziale e dal liquidatore, ovvero prima degli altri creditori nell'esecuzione di un concordato con continuità. Come è stato giustamente osservato, «il fenomeno della prededuzione non è tipico del fallimento, ma di ogni procedimento nel quale si attua la garanzia patrimoniale. Quanto, per l'attuazione della garanzia patrimoniale, l'ordinamento appresta un particolare tipo di procedimento (l'espropriazione, il fallimento o il concordato preventivo), le risorse destinate ai creditori sono quelle che si ricavano dalla liquidazione del bene ma dopo che sono state soddisfatte le obbligazioni che sorgono durante il procedimento o che sono funzionali, proprio, alla più proficua distribuzione» (Fabiani 2014, 476). La prededuzione interna al concordato preventivo, quindi, è sicuramente ammissibile, nel senso di una «antergazione» temporale nei pagamenti dei crediti sorti nel corso o in funzione della procedura, tra i quali, ad es., devono collocarsi i crediti del professionista attestatore, ma anche dei professionisti (difensori, advisors, ecc.) che hanno assistito il debitore nella predisposposizione della domanda di concordato. La prededuzione, inoltre, potrebbe essere configurabile nel caso di inadempimento all'eventuale contratto di finanziamento ex artt. 182-quater o 182-quinquies l.fall. e di conseguente risoluzione unilaterale da parte della banca, trattandosi di credito restiutorio anch'esso sorto in occasione o in funzione della procedura concorsuale (Lenoci 2016, 824). Più problematica, invece, appare l'ammissibilità di una prededuzione interna volontaria, e cioè se il debitore possa attribuire il rango della prededuzione al di fuori di una fattispecie tipica: appare preferibile, tuttavia, in questi casi, la soluzione negativa, in quanto la prededuzione è una qualità processuale del credito, che di fonda su una fattispecie tipica, di talché il debitore può certamente formulare nella proposta di concordato la previsione di un pagamento integrale ed anticipato di alcuni creditori, ma questa proposta sarebbe ammissibile soltanto se i criteri di attribuzione della prededuzioni siano valutato dal Tribunale come conformi alla legge (Trib. Rimini 13 maggio 2013, Fall, 2013, 1276). Ambito di applicazione: la prededuzione dei finanziamenti per l'esecuzione del concordatoAi sensi del primo comma sono prededucibili ex art. 111 i finanziamenti in qualsiasi forma effettuati in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati erogati dopo l'intervenuta omologazione dell'accordo. La norma, dunque, accorda il beneficio della prededuzione ai finanziamenti in esecuzione o c.d. finanza da ristrutturazione. Si tratta di apporti che possono completare il risanamento dell'impresa, sostenendo la sua ristrutturazione finanziaria o industriale, oppure finanziare l'esecuzione del concordato sostituendo un unico interlocutore a tutti o parte dei creditori concordatari, potendo, in questo caso, essere destinati anche al pagamento di debiti pregressi. Si configura, in questi casi, una fattispecie di prededucibilità automatica, idonea a seguire de plano il credito sorto in esecuzione della procedura, per effetto dell'intervenuta omologazione del c.p. (Trib. Terni 13 giugno 2011). Ribadendo che la lettera della norma, nel suo primo comma, fa riferimento a finanziamenti in qualsiasi forma effettuati, questa sembra perciò estendere il proprio ambito applicativo anche a forme tecniche di sostegno finanziario diverse dal contratto di mutuo, e comunque in grado di realizzare, nella sostanza, un finanziamento dell'impresa (si ritengono rientranti nell'alveo della previsione, inter alia, le aperture di credito, gli sconti, le fideiussioni, le dilazioni di pagamento, gli acquisti di crediti pro solvendo della società verso terzi, il factoring, il leasing, l'emissioni di obbligazioni e di altri strumenti finanziari, con il limite, per i soci, di porre in essere operazioni ricostruttive del capitale sociale). Il primo comma, inoltre, regola la sorte dei «crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati in esecuzione di un concordato preventivo» e di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'art. 182-bis, stabilendo che gli stessi «sono prededucibili ai sensi e per gli effetti dell'articolo 111». Si tratta di una significativa novità, poiché il regime della prededuzione è stato esteso a crediti sorti successivamente alla chiusura del concordato preventivo. La norma non limita la prededuzione alle procedure dirette a garantire la conservazione dei valori aziendali dell'impresa in crisi. La sua formulazione pone, tuttavia, un primo dubbio, poiché la lettera della stessa sembra condizionare la prededuzione alla avvenuta omologazione esclusivamente in relazione alla fattispecie dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. Si tratta di un dubbio agevolmente superabile alla luce della considerazione che il concetto di esecuzione del concordato implica e presuppone l'approvazione dei creditori e la successiva omologazione da parte del Tribunale, così da rendere riferibile la norma in esame ai soli finanziamenti concessi successivamente a tale momento (Brizzi, Le fattispecie dei crediti prededucibili da finanziamento nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Dir. fall. 2013, 803). Quanto alla modalità, la prededuzione in favore dei finanziamenti «in esecuzione» è attribuita direttamente dalla legge ed opera automaticamente, essendo i relativi crediti prededucibili perché sono qualificati tali da una norma di legge ex art. 111, secondo comma (Bassi, La illusione della prededuzione, in Giur. comm. 2011, 342). Invero, la prededuzione del finanziamento esecutivo si sorregge su due condizioni: 1) l'esistenza di un nesso funzionale tra finanziamento ed esecuzione del concordato o dell'accordo; 2) l'intervenuta omologazione quantomeno dell'a.r.d., mentre per il concordato è dubbio se sia sufficiente l'apertura della procedura, come la lettera della legge sembra suggerire, o se invece la prededuzione ne presupponga l'omologazione (Maffei Alberti, 1276). Sempre in dottrina, è stata posta la questione in ordine al modo con cui opera la prededuzione, alla luce della regola generale in virtù della quale i crediti prededucibili sono soggetti al procedimento di verificazione del passivo, nonché della disciplina stabilita, quanto al pagamento, dall'art. 111 (in particolare, dal secondo comma, quanto al soddisfacimento secondo le rispettive cause di prelazione ed alle somme utilizzabili per il pagamento; al terzo comma, in relazione alla possibilità di pagamento al di fuori dei riparti; al quinto comma, in ordine alle modalità da osservare nel caso di insufficienza dell'attivo). L'applicabilità di tali regole anche ai crediti prededucibili in esame può, infatti, costituire un deterrente alla loro erogazione, ma non sembra eludibile (Censoni, Concordato preventivo e nuova finanza, in Fall. 2014, 377). Nondimeno, appare ben chiaro che il controllo esercitato nel successivo, eventuale, fallimento è di mera legalità ed ha ad oggetto esclusivamente l'accertamento dell'indicazione del credito nel piano (e, nel caso dell'art. 182-quinquies, primo comma, di un provvedimento di autorizzazione del giudice). Agli organi fallimentari spetta, infatti, la sola verifica «sulla conformità dell'erogazione agli obblighi concordatari da »eseguire«, quali risultanti dalle proposte definitive del debitore (accettate dai creditori e omologate da tribunale medesimo), che appunto prevedano per la loro esecuzione i menzionati interventi finanziari», dovendo tenere conto di quello già precedentemente svolto e della circostanza che la coerenza del finanziamento con il concordato discende direttamente dall'omologazione dello stesso (Fabiani, 2014, 473). I finanziamenti in funzione della presentazione della domandaIl secondo comma della norma in esame stabilisce che sono «parificati» ai crediti del primo comma — sotto il profilo della prededuzione — quelli derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. Le condizioni alle quali è subordinato il riconoscimento della prededuzione sono le seguenti: a) i finanziamenti devono essere previsti dal piano concordatario di cui all'art. 160 o dall'accordo di ristrutturazione; b) la prededuzione deve essere espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo, ovvero l'accordo sia omologato (finanziamenti «in funzione»). Sembra ipotizzabile, inoltre, che in concreto tali finanziamenti saranno per lo più erogati da finanziatori già esposti nei confronti dell'impresa in crisi, maggiormente inclini ad accettare l'alea di rischio che circonda il riconoscimento giudiziale della prededuzione, in quanto spinti dall'esigenza di massimizzare, attraverso il risanamento del proprio debitore, le chances di recupero anche del credito pregresso (Maffei Alberti, 1277). L'obiettivo dell'erogazione, tuttavia, in questi casi, non è la sistemazione complessiva della crisi, ma soltanto la possibilità di presentare, nell'immediato, una domanda per accedere al concordato preventivo, o per ottenere l'omologazione dell'accordo. La funzionalità, pertanto, non dipende dal successo del piano. Essa tuttavia, deve caratterizzare oggettivamente il finanziamento, sicché non è necessario, ma neanche sufficiente, che trovi menzione in clausole contrattuali, mentre forma necessariamente oggetto della relazione del professionista attestatore, il quale (anche ai fini del successivo controllo giudiziale) deve esaminare ed esporre il ruolo svolto dal finanziamento nel periodo che ha preceduto la presentazione della domanda (Filocamo e Ferro, 2014, 2608). I finanziamenti dei sociIl terzo comma estende la disciplina dettata dai primi due commi ai finanziamenti erogati dai soci, i cui relativi crediti sono dunque prededucibili, sia pur limitatamente all'80% del loro ammontare, se erogati dai soci attuali della società in funzione ovvero in esecuzione di un c.p. o di un a.d.r. La disposizione si pone l'obiettivo di favorire un atteggiamento collaborativo dei soci, che per primi debbono impegnarsi nel risanamento della società e che nondimeno sono spesso riluttanti a sostenerlo, in ragione della postergazione legale dei crediti derivanti dai finanziamenti erogati. I crediti in esame, se finalizzati all'esecuzione del concordato o dell'accordo omologati, godono della prededuzione in caso di successivo fallimento, fino a concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare, mentre il restante venti per cento sarà soggetto alla regola ordinaria fissata dagli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. (Fabiani, 903). La prededuzione è dunque riconosciuta, ai sensi del terzo comma a tutti i soci, abbiano essi erogato il finanziamento in funzione od in esecuzione della procedura, ivi inclusi coloro che acquistano tale status in esecuzione della ristrutturazione ed è altresì accordata anche ai soci finanziatori di s.p.a., sotto pena, altrimenti, di una incomprensibile disparità di trattamento con i soci di s.r.l. (Maffei Alberti, 1282). Per ciò che attiene, in particolare, alla deroga all'art. 2497 quinquies c.c., la prededuzione deve ritenersi accordata, in forza di una applicazione analogica del terzo comma, anche a crediti derivanti da finanziamenti erogati da società che non partecipano direttamente alla compagine della società finanziata, ma rientrano comunque nel gruppo di cui questa fa parte. La ratio della soglia dell'80% non è, invero, di agevole comprensione: l'opinione maggiormente accreditata, che si ritiene di condividere, tende a ravvisare la ragione dell'opzione legislativa nell'esigenza di corresponsabilizzare il socio nel tentativo di uscita dalla crisi, mediante un temperamento della concessione del beneficio della prededuzione, che viene perseguito caricando l'investimento di una certa onerosità, funzionale a rendere il socio non indifferente rispetto al rischio dell'investimento medesimo (Stanghellini, 1346 ss.). Si ritiene, peraltro, che fissando la soglia di prededuzione, il legislatore abbia inteso porre un limite massimo al prelievo prededuttivo, di guisa che lo stesso può essere derogato in pejus in sede di trattative con il ceto creditorio. Per quanto attiene al residuo 20%, invece, è pacifico che la disposizione non deroghi al diritto comune e che, dunque, per tale percentuale (o per la maggiore, se la prededuzione è convenzionalmente contenuta al di sotto dell'80%), il credito debba ritenersi legalmente postergato. Il credito del professionistaNell'esame dell'art. 182-quater, in merito alla questione della prededuzione in favore dei crediti dei professionisti incaricati per l'accesso al concordato, il quarto comma (oggi abrogato) stabiliva che «sono altresì prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli articoli 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, purché ciò sia espressamente disposto nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato». Una significativa svolta in ordine a detti crediti era conseguita alla novellazione dell'art. 111 da parte del d.lgs. n. 5/2006 che, al secondo comma, ha previsto che sono prededucibili i crediti «così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge». In virtù di tale norma, le spese sostenute dal debitore per l'accesso alla procedura, in particolare il compenso per l'attestatore e per gli altri professionisti eventualmente incaricati di predisporre la domanda ed il piano sembravano potere godere della prededuzione che, tuttavia, era stata negata da un orientamento della giurisprudenza, a causa della mancanza di ogni controllo da parte degli organi della procedura (Trib. Udine 15 ottobre 2008; Trib. Pordenone 8 ottobre 2009; Trib. Bari 17 maggio 2010) e riconosciuta invece da altro indirizzo proprio sulla scorta della nuova norma e del nuovo favor per le soluzioni alternative al fallimento (Trib. Treviso 16 giugno 2008; Trib. Milano 20 agosto 2009; Trib. Modena 11 gennaio 2010). Premesso quanto esposto, nella vigenza dell'abrogato quarto comma della norma in esame, non è stato reputato prededucibile il credito del professionista per attività di assistenza prestata per la presentazione della domanda di concordato preventivo, poiché il trattamento prededuttivo era stato riservato al solo professionista attestatore (Trib. Milano 26 maggio 2011). Dopo l'abrogazione del quarto comma, la disciplina in esame ha eliminato l'ostacolo al riconoscimento della prededuzione valorizzato dall'orientamento più restrittivo. Peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimità, al credito dei professionisti, che abbiano prestato la loro opera, anche prima dell'entrata in vigore del nuovo art. 111, per il risanamento dell'impresa ovvero per prevenirne la dissoluzione, può essere riconosciuta la collocazione in prededuzione nella misura in cui le relative prestazioni si pongano in rapporto di adeguatezza funzionale con le necessità risanatorie dell'impresa e siano state in concreto utili per i creditori, per aver loro consentito una sia pur contenuta realizzazione dei crediti. La Corte ha altresì precisato che il credito del professionista, sorto a seguito delle prestazioni rese in favore del fallimento per la redazione del concordato preventivo e per la relativa assistenza, va soddisfatto in via di prededuzione, ai sensi dell'art. 111, secondo comma, che ha portata generale, non prevede alcuna restrizione e risponde all'esigenza di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse dal fallimento, senza che, in senso contrario, possa essere invocata la limitazione alla prededucibilità prevista dall'art. 182-quater, che regola un ambito diverso e, in ogni caso, è stata superata dal successivo intervento operato con la l. n. 122/2010 (Cass. n. 8534/2013). Quindi l'eliminazione del trattamento differenziato per l'attestatore ha consentito di valutare unitariamente tutti i crediti professionali alla luce del criterio della funzionalità alla procedura sancito dall'art. 111, secondo comma, e la questione residua concerne le condizioni alle quali l'intervento di tali professionisti si può dire funzionale alla procedura. In seguito, altra giurisprudenza ha evidenziato che il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza, consulenza ed eventualmente redazione della proposta di concordato preventivo rientra de plano tra i crediti prededucibili, valorizzando a questo scopo l'esclusione dall'azione revocatoria del pagamento del compenso del professionista (ex art. 67, terzo comma, lett. g), l'abrogazione del quarto comma della norma in esame; l'interpretazione autentica dell'art. 111, secondo comma, fornita dall'art. 11, comma 3-quater, d.l. n. 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 9/2014, che ha esteso la prededuzione anche ai crediti sorti in occasione ed in funzione delle procedure di concordato preventivo cosiddetto con riserva (Cass. n. 19013/2014; Cass. n. 8533/2013). L'esclusione dal voto e dalle maggioranzeIl testo originario dell'ultimo comma della norma in commento escludeva dal voto e dal computo delle maggioranze necessarie all'approvazione del concordato preventivo e della percentuale del 60% dei crediti prevista dall'art. 182-bis, primo e sesto comma, le banche e gli intermediari finanziari che hanno erogato finanziamenti- ponte, i soci finanziatori, ed il professionista attestatore. Il nuovo testo del quinto comma, modificato dal d.l. n. 83 del 2012, invece, si limita ad escludere dal voto e dal computo di maggioranze ed aliquota tutti i creditori (siano essi soci od altri sovventori) erogatori di finanziamenti in funzione della procedura di crisi. La ratio della norma è quella di evitare che tali creditori influiscano sulla formazione delle maggioranze, non avendo gli stessi alcun interesse all'approvazione del concordato. Il divieto sembra estendere a tali crediti il principio generale per cui la previsione (tendenziale) di integrale pagamento determina la perdita del diritto di voto anche se — è stato osservato — non sembra individuabile nella norma una conferma della necessaria corrispondenza tra prededuzione ed indifferenza al voto (Maffei Alberti, 1287). Secondo una tesi, la sottrazione del diritto di voto non è generata dalla previsione del pagamento integrale (perché non è detto che ciò poi si verifichi in sede di attuazione), quanto invece dalla presenza di beni che garantiscono in ogni caso il creditore rispetto agli altri (Fabiani, L'ulteriore up-grade degli accordi di ristrutturazione e l'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fall. 2010, 907). Pertanto il divieto si applica con specifico riferimento ai crediti indicati nella disposizione, con la conseguenza che gli stessi creditori potranno liberamente esercitare il loro diritto di voto relativamente a tutti gli altri crediti che eventualmente vantano e che non sono compresi nell'elenco. Ciò che appare certo è che i creditori titolari anche di crediti diversi da quelli prededucibili debbano essere ammessi al voto e conteggiati nelle maggioranze e percentuali, limitatamente ai crediti non prededucibili. BibliografiaV. sub art. 179. |